GLI STRANIERI CHE ANDAVANO SULL'ACQUA

GLI STRANIERI CHE ANDAVANO  SULL'ACQUA 
(di Silvia Simona Biolcati Rinaldi)

Quando sono sbarcata sul pianeta Facebook ed ho iniziato sistematicamente a cercare se ci fosse qualcuno che aveva il mio stesso cognome non mi aspettavo certo di trovare  altri Biolcati Rinaldi che non avevo mai visto né conosciuto ma invece scoprii che ce n’erano moltissimi e non soltanto in Emilia ma in tutta Italia, Toscana, Piemonte, Liguria, Lombardia, Lazio...E anche in molte altre parti del mondo. Inizialmente non ero convinta che fossimo tutti parenti, non conoscevo i miei antenati, il mio albero genealogico si fermava a Luigi Biolcati Rinaldi, papà del mio bisnonno Remo, non avevo la minima idea di quale fosse la storia della mia famiglia.
Le mie ricerche su fb mi portarono a scoprire che nel Lazio, nella zona di Latina principalmente, viveva una grande comunità di Biolcati Rinaldi e da ignorante ricordo che pensai: "toh che coincidenza, allora il mio forse non è un cognome tipicamente ferrarese!".
Inutile dire che, col tempo, ho dovuto fare i conti e smontare diverse mie convinzioni e scoprire che più la mia conoscenza cresceva, più la mia famiglia si allargava. Ho scoperto che vivevo proprio fuori dal mondo e  che non ero l’unica... a pensare di essere l’unica.
Anche se molti di voi a scuola sono stati attenti alle lezioni di storia e hanno qualcuno in casa che la storia addirittura l’ha vissuta e fatta, voglio raccontarvi cosa è successo realmente, senza voler entrare in discorsi politici ma semplicemente esponendo la nostra storia per capire COME MAI NEL LAZIO CI SONO TANTISSIMI BIOLCATI RINALDI.

Durante il regime fascista, negli anni ‘30 del ‘900 si è concretizzata la bonifica dell’Agro Pontino, una zona caratterizzata da paludi e acquitrini e infestata dalla malaria. I lavori sono affidati all’Opera Nazionale per i Combattenti che in breve tempo portano a compimento un lavoro cominciato fin dal tempo degli antichi romani.
I lavori principali consistono in: disboscamento, sterpatura e dicioccatura di oltre 6.000 ettari di terreni boschivi; dissodamento dei terreni incolti, sistemazione idraulica dei terreni paludosi, costruzione di case coloniche e poderi di estensione variabile, costruzione di una rete di strade e di canali.
Nella zona dell’Agro Pontino vengono fondate le città di Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia.
Le bonifiche romane in età imperiale e quelle dei pontefici erano mirate essenzialmente a risolvere il problema dell’allagamento circoscritto a una zona, senza considerare altri interventi necessari per creare quelle condizioni ambientali favorevoli alla vita dell’uomo. La palude e la macchia boschiva avevano alimentato per secoli il fenomeno del nomadismo, allontanando l’uomo dal territorio. 
Il recupero dell’Agro pontino creò le condizioni per un ripopolamento del territorio con il pieno uso delle risorse locali. l’Opera Nazionale per i Combattenti era un ente parastatale che aveva lo scopo di concorrere allo sviluppo economico e al migliore assetto sociale del paese, sorta in segno di gratitudine per i combattenti d’Italia si avvaleva dei reduci della Grande guerra per la ricostruzione del patrimonio terriero ottenendo in cambio benefici diretti sulla terra.
Gli operai che lavorano per la bonifica dell’Agro Pontino giungono da tutte le parti d’Italia e in seguito arrivano i coloni per le colture agricole, soprattutto dal Veneto e dalla Valle del Po, proprio come fece la famiglia di Biolcati Rinaldi Giuseppe, con la moglie Santina Beltrami e con i figli ,scesi proprio nella città di Cisterna, considerata il quartier generale dei lavori di bonifica.
Dopo la guerra, nel 1946 Littoria cambia il nome e diventa Latina. A conclusione della bonifica erano stati costruiti o riattivati canali, aperti chilometri di strade, edificate migliaia di case coloniche e perforati innumerevoli pozzi freatici o artesiani: al cambio attuale un’operazione valutabile intorno ai 30 miliardi di euro. La terra dell’Agro Pontino era finalmente coltivabile e abitabile. In tanti si prodigarono per il progetto di bonifica e recupero della palude pontina ed è interessante ricordare lo straordinario ruolo avuto dai bonificatori, giunti da diverse zone d’Italia. Non solo vennero bonificati e resi produttivi e vivibili moltissimi ettari di territorio fino ad allora coperti da palude, ma il regime poté utilizzare moltissima manodopera a basso costo e disposta a tutti i rischi per far fronte alla crescente disoccupazione. 
I bonificatori, tra cui i nostri antenati infatti, giunsero in terra pontina proprio per riscattarsi da una situazione di crisi che in quel periodo caratterizzava diverse aree del paese. La bonifica era un’occasione importante da non perdere. La prima pietra di Littoria, oggi Latina, è stata posta il 30 giugno del 1932, cinque mesi dopo venne inaugurata la città.
Mussolini arrivò a Littoria il 18 dicembre, girò tra le case in borsalino e stivali, elogiando gli operai giunti da ogni parte d’Italia e i coloni che dalle terre del Veneto e dalla Valle del Po.
Non tutti coloro che parteciparono alla bonifica rimasero nelle terre redente. La gran parte, anzi, tornò a casa propria, lasciando le Città Nuove (Latina, Aprilia, Pomezia, Sabaudia, Pontinia) ai coloni, giunti in particolar modo dal Veneto e Friuli e dalla Valle del Po.
Si trattava in gran parte di famiglie che scappavano dalle campagne venete dove decine di migliaia di ettari in pochi anni erano stati svenduti da piccoli proprietari in difficoltà. Le famiglie che intendevano emigrare ottenevano una casa riscattabile in cinque anni, tre camere da letto, il forno del pane, il pollaio, la vasca per abbeverare il bestiame, attrezzi agricoli, un carro, alcuni capi da allevare.
La città di Latina, per ricordare l’impegno e il sacrificio di quanti si prodigarono per la bonifica dell’Agro Pontino, ha fatto realizzare la Statua del Bonificatore, che si trova in Piazza del Quadrato.
Le case e i poderi, piccole fattorie erette dall`ONC per i nuovi coloni a 
distanza regolare, costituivano dei veri e propri nuclei della colonizzazione. Il podere comprendeva la casa colonica e il terreno da coltivare e veniva affidato ad una famiglia in base a dei criteri che 
dovevano tener conto della forza lavorativa da insediare nel fondo.
La prima scuola per contadini delle Paludi pontine fu istituita nel 1911 in una capanna conica di strame dove furono ospitati dei corsi serali.
Gli uomini si occupavano dell’aratura, solcatura e scolatura dei canali utilizzando soltanto le zappe e, se erano fortunati ad avere già i buoi, dell’aratro.
I bambini, durante il giorno, andavano a scuola, al pomeriggio tornavano a casa e mentre i più piccoli giocavano, i più grandi aiutavano i genitori ed i parenti nelle faccende di casa. 
Si aspettava la sera per cenare tutti insieme. Durante la cena, che non era poi così abbondante, si parlava e si raccontava la giornata trascorsa e ci si preparava per il lavoro del giorno seguente; non c’erano la televisione ed erano pochissimi coloro che avevano la radio, così i più grandi raccontavano le loro storie, quelle della loro terra ed i piccoli ascoltavano, come se fossero delle tribù d’indiani d’America. Oppure si cantava: canzoni popolari, in dialetto, ma anche canti religiosi. Si può immaginare una gran confusione in queste famiglie poiché erano molto numerose: dai dati raccolti, infatti, risulta che ogni famiglia fosse composta in media dalle 8 alle 17 persone. 
I rapporti extra-familiari avvenivano nella maggior parte dei casi durante la domenica, in chiesa dopo la funzione, oppure quando si facevano dei grandi lavori tutti insieme come la raccolta del grano, la 
trebbiatura, la macinazione oppure, ancora, quando c’erano le grandi manifestazioni agrarie a Littoria o le fiere.
La palude si presentava come un ambiente ostile alla vita dell’uomo, tuttavia ricca di notevoli risorse come pesce, legname e animali da caccia, la palude pontina ha sempre attirato l’uomo per le molteplici attività che vi si potevano svolgere. Un territorio non più riconoscibile da chi percorreva la via Appia da Cisterna a Terracina che esterrefatto in luogo di una terra allagata per tanti mesi all’anno, visibile fino all’anno prima, vedeva una serie di case coloniche presso cui molti contadini, provenienti da regioni del nord d’Italia, vivevano e lavoravano una terra ritornata fertile. 
Lo stupore aumentava per chi si trovava di fronte all’odierna città di Latina e per chi si spingeva fino al Circeo, un tempo accessibile solo da Terracina, addentrandosi lungo una strada aperta tra acquitrini e foreste per raggiungere Sabaudia, la città che sorse sulle sponde del lago di Paola. 
Una fitta rete stradale percorreva la pianura bonificata, al tempo della palude attraversata dalla sola via Appia, l’unica strada ghiaiata che esisteva nell’agro pontino. Il nuovo sistema viario, che presentava le sue arterie principali disposte parallelamente alla via Appia, come la Litoranea e la Mediana, consentì in un primo momento il trasporto dei materiali da costruzione per poi successivamente garantire il collegamento delle nuove città con il territorio circostante e con Roma.
Insomma adesso avete capito perché i nostri cugini laziali ci tengono così tanto a portarci a vedere la loro terra, perché se l’Agro Pontino è oggi il paradiso che molti conoscono, il merito è anche in buona parte dei nostri antenati Biolcati Rinaldi che, anche se vi sembrerà presuntuoso, si  insomma...di bonifiche già se ne intendevano perché abituati a vivere tra i canali in condizioni precarie, ma che soprattutto erano uomini e donne che, ieri come oggi, sapevano realizzare un sogno, capaci di costruire una strada... dove apparentemente non c'era che acqua.

Silvia Simona Biolcati Rinaldi

"Ancora adesso - che la bonifica è stata fatta da un pezzo e girano pure in macchina - restano nell'animo sostanzialmente butteri: onesti ed orgogliosi."
(Antonio Pennacchi)

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