GLI SPIRITI DEL CREPUSCOLO
Gli spiriti del crepuscolo
Sono diventato volontario del canile quando avevo il cuore infranto.
Cercavo un modo per rimettere insieme i pezzi, e ho pensato che il posto migliore per trovarne uno nuovo fosse proprio lì, tra quegli sguardi dietro le sbarre.
In canile c’è tanto cuore.
C’è quello degli addetti, dei volontari come me, ma il più grande — quello che batte più forte — è dentro le gabbie.
Col tempo ho imparato a conoscerne i ritmi: al mattino tutto vibra di vita, tra ciotole che tintinnano, guaiti di felicità e zampe impazienti che fremono per l’arrivo della pappa.
La sera invece cala la quiete, e con essa arriva la magia.
Al crepuscolo, quando la luce si fa morbida e il mondo si tinge d’oro e di mistero, succede qualcosa.
È come se tra le ombre si muovessero presenze leggere, invisibili ma familiari.
Io le chiamo gli spiriti del crepuscolo.
In molte culture si racconta che all’alba e al tramonto gli spiriti — esseri senza ombra — si mostrino per un istante al mondo dei vivi, per non spaventarci ma per farci sentire che non siamo mai soli.
Domenica scorsa ho capito davvero cosa significa.
Sono andato da solo in montagna, in cerca di silenzio e di pace.
La giornata era velata da una nebbiolina autunnale, con il sole nascosto dietro le nuvole.
Mentre camminavo, immerso in quel silenzio ovattato, ho sentito una presenza.
La mia amica a quattro zampe, la mia Emi, era con me.
Non la vedevo, ma la sentivo.
Ogni passo era un ricordo che tornava a vivere: il fruscio delle foglie secche sotto le zampe, il ritmo del suo respiro vicino al mio.
Ogni volta che mi fermavo per prendere fiato, la percepivo appoggiarsi leggermente alla mia gamba, proprio come faceva quando era viva, per darmi forza e conforto.
Le ho parlato.
Con la stessa naturalezza di sempre, come se non fosse mai andata via.
E lei mi ha capito, ne sono certo.
Chi ci ha conosciuto sa che tra me e lei c’era un linguaggio tutto nostro, fatto di sguardi, silenzi e intese profonde.
Più il tempo passava, più quella sensazione di presenza diventava intensa.
Eppure, al momento di tornare, qualcosa dentro di me si è spezzato.
Sapevo che stavo lasciando quel luogo dove lei mi era accanto, e ho cercato di ritardare il ritorno alla realtà.
Ma quando ho dovuto affrontarlo, ho provato una profonda delusione e rabbia: non sono riuscito a far salire Emi in macchina.
Quel pensiero mi ha colpito al cuore, come un vuoto improvviso che non si può riempire.
Ora so che non serve cercarla con gli occhi.
Mi basta ascoltare.
Nel silenzio dei boschi, nel crepitio delle foglie secche, la sua presenza è lì, leggera come un soffio.
E quando il giorno muore e il cielo si colora di luce dorata, so che la ritroverò ancora.
Ci rivediamo al crepuscolo, amica mia.
(Di Francesco Enrico Biolcati Rinaldi)
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